Come di frequente evidenziato, il rapporto tra Unione Europea e Bitcoin è estremamente contraddittorio, da sempre caratterizzato da un generale disinteresse da parte delle istituzioni europee, che viene talvolta sorprendentemente interrotto da clamorose sentenze di polarità alternata.
Nonostante le altre grandi potenze mondiali si stiano da anni interessando al fenomeno delle criptovalute, giungendo ad una generale accettazione e studio del fenomeno anche dopo diffidenze iniziali e spesso censure poi revocate, l’Europa non ha mai manifestato l’intenzione di confrontarsi con quella che, a detta di molti esperti, è la più grande rivoluzione del settore fintech dall’avvento di Internet.

Anche se, molto discutibilmente, non si volesse considerare l’essere al passo con il resto del mondo una ragione sufficiente per approfondire le implicazioni di Bitcoin, resta il fatto che, dal punto di vista puramente legale e normativo, la regolamentazione delle criptovalute a livello comunitario non è pertinenza delle autorità locali, bensì dell’Unione stessa, come sempre sostenuto da diversi Ministri europei interpellati in merito, e come è stato confermato dalla recente risposta all’interrogazione presentata alla Regione Lazio.
Oltre ad essere oltraggioso per la sua scarsa lungimiranza, il comportamento dell’Unione Europea è ulteriormente criticabile per le già nominate dichiarazioni saltuariamente emesse riguardo a Bitcoin: esse in fatti risultano in primo luogo poco credibili visto il contesto di scarso approfondimento da cui originano, e in secondo luogo tendono a contrastare con ciò che in merito è già stato deliberato o suggerito da Stati membri o esterni.
Un esempio eclatante è come la Corte Europea abbia dichiarato le transazioni riguardanti bitcoin esenti da IVA, mentre poco prima negli Stati Uniti bitcoin veniva dichiarato “commodity”. Per quanto anche la definizione di “commodity” sia potenzialmente incompleta per bitcoin, per lo meno dimostra una basilare comprensione della materia; tale considerazione invece non si può estendere completamente alla decisione europea in merito all’IVA, che risulta approssimativa e relativamente necessaria in una situazione di totale assenza di regolamentazione, anche elementare, del fenomeno.
Sempre su questa falsariga è nata un’altra situazione paradossale per quanto riguarda le risoluzioni dell’Unione Europea su bitcoin. Negli ultimi giorni, come conseguenza dei terribili attacchi avvenuti a Parigi e del successivo riaccendersi dei dibattiti sul come contrastare il terrorismo, è emersa, in una bozza degli argomenti che verranno trattati domani durante i colloqui d’emergenza fra i rappresentanti degli Stati membri, l’intenzione da parte dell’UE di inasprire i controlli su bitcoin, considerato come uno dei principali metodi di finanziamento ai gruppi terroristici. Tuttavia, non più tardi di qualche giorno fa, in un report sui potenziali rischi nazionali, il Tesoro britannico ha classificato bitcoin come a “basso rischio” per quanto riguarda il riciclaggio di denaro e i finanziamenti al terrorismo, mentre altre voci come “banche” e “fornitori di servizi legali e di contabilità” risulterebbero ad “alto rischio”, e gli “agenti immobiliari” e i “fornitori di servizi monetari” sarebbero a “medio rischio”.

Inutile sottolineare nuovamente l’incoerenza e la discrepanza comunicativa e burocratica interna all’Unione Europea dimostrata da tali comportamenti, con totale mancanza di attenzione verso lo scenario globale e verso le richieste e opinioni degli Stati membri, che spesso richiamerebbero l’Unione ai suoi doveri normativi.
Nuovamente non ci resta che auspicare un cambio di tendenza: solo tramite il dialogo, lo studio e l’analisi è possibile arrivare a una soluzione corretta e funzionale dei problemi e delle sfide quotidianamente poste dalla realtà dei fatti. D’altra parte invece, come in tutte le circostanze, la censura e la chiusura verso la novità, soprattutto se accompagnata da una buona dose di ignoranza e pregiudizio, non può che portare a conseguenze nefaste, sia per il presente che per il futuro, precludendo importanti opportunità di sviluppo e progresso.

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