Davvero Bitcoin e le crittovalute sono convenienti soprattutto per operazioni illecite? Lo pseudo anonimato di Bitcoin equivale a intracciabilità? Domande di questo tipo sono ancora molte volte i primi problemi che gli utenti si pongono quando sentono parlare di Bitcoin. Tuttavia l’esplosione imprenditoriale che stanno vivendo le crittovalute, sommata alla dimensione istituzionale e roegolamentata che stanno sempre più assumendo, sembrerebbe indicare il contrario. D’altronde anche l’Europol, recentemente interpellato dalle autorità europee per analizzare la questione, ha dichiarato che non esistono apparenti legami fra finanziamenti illeciti ad attività terroristiche ed utilizzo delle crittovalute. Jason Weinstein, collaboratore di Steptoe & Johnson LLP ed ex deputy assistant attorney general presso il Department of Justice specializzato in crimini informatici e criminalità organizzata, ha rilasciato la sua opinione in materia a Coindesk, per fare chiarezza sull’argomento.

La premessa del suo discorso è che i dubbi che l’utente medio si pone riguardo Bitcoin, in parte qui sopra elencati, sono sbagliati. Ogni tecnologia che valesse la pena di essere utilizzata ha infatti inizialmente prosperato negli ambienti della criminalità, tra le più recenti PayPal, i telefoni cellulari e Internet stesso, solo per fare alcuni nomi.
Il nodo della questione è che spetta alla legge trovare il giusto modo di adeguarsi e regolamentare le innovazioni, in modo da disincentivare la criminalità senza tarpare le ali alla ricerca e allo sviluppo.
Bitcoin in particolare presenta innumerevoli strumenti utili per i legislatori, vista la natura di registro immutabile e facilmente conusultabile della tecnologia blockchain, e visto che fra le varie informazioni da essa immagazzinate in maniera indelebile è presente anche lo storico di ogni singola transazione avvenuta.

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